La legge di Parkinson - Paroladordine

“La legge di Parkinson” di Cyril Northcote Parkinson

Mi succede sempre così (e scommetto di non essere l’unica, vero?): ogni volta che m’imbatto più volte in un personaggio, un articolo o un libro  mentre studio o faccio una ricerca, devo subito approfondire. Mi è capitato con la “legge di Parkinson” e, quando ho scoperto che si trova ben descritta nel libro La legge di Parkinson di Cyril Northcote Parkinson, l’ho cercato e letto d’un fiato.

La legge di Parkinson di Cyril Northcote Parkinson e la produttività

L’autore è Cyril Northcote Parkinson, un esperto di storia navale, insegnante civile e militare, autore di saggi di storia, di economia e di romanzi storici britannico.

Il libro nasce in seguito al successo di un articolo umoristico pubblicato nel 1955 su The Economist (la rivista settimanale di informazione economico-politica londinese), in cui l’autore ironizza sulla burocrazia del governo britannico. Parkinson riprende l’argomento dell’articolo e aggiunge altri capitoli – in alcuni casi saggi già pubblicati singolarmente in precedenza – ciascuno dedicato a un aspetto particolare del funzionamento della pubblica amministrazione e della gestione d’impresa.

È un libro breve, sarcastico dalla prima all’ultima parola, scritto per “lanciare un segnale d’allarme sulla scienza della pubblica amministrazione e della gestione d’impresa” e mostrare la realtà, tutt’altro che edificante, “frutto di anni d’esperienza e di un’ampia e costosa struttura di ricerca”. Fu pubblicato per la prima volta nel 1958 negli Stati Uniti d’America e in seguito nel Regno Unito.

È diviso in dieci capitoli e ciascuno riporta un doppio titolo, che rende bene l’ironia e il cinismo con cui l’autore tratta gli argomenti:

  • La legge di Parkinson o La piramide crescente. Qui è enunciata la famosa legge che si trova un po’ ovunque tra gli esperti di tempo e produttività;
  • La lista ristretta o I principi della selezione. Sulla selezione del personale nell’amministrazione moderna, sia pubblica che privata.
  • Presidenti e comitati o Il coefficiente di inefficienza. Sul ciclo di vita dei comitati e i loro organi di amministrazione;
  • Il volere del popolo o L’assemblea generale annuale. Sulla natura della composizione delle istituzioni parlamentari;
  • Analisi personologica o La formula del cocktail. Sulla gestione della vita moderna tramite lo strumento del cocktail party;
  • Alta finanza o Il punto di svanimento degli interessi. Sui componenti di molti comitati economico-finanziari;
  • Dalla catapecchia alla Packard o La formula del successo. Sulle ricerche antropologiche tra i gruppi sociali ricchi;
  • Piante e piante o Gli uffici dell’amministrazione. Sulla valutazione dell’importanza delle strutture amministrative tramite i loro uffici;
  • Geloincompetenza o La paralisi spasmodica. Sui dirigenti nelle organizzazioni amministrative, commerciali e accademiche;
  • Il momento della pensione o L’età del ritiro. Sulla capacità dei dirigenti anziani di ostacolare l’avanzata dei più giovani.

Che cosa mi è piaciuto

Non sapevo che cosa aspettarmi da questo libro; in realtà pensavo fosse un manuale sulla cosiddetta “gestione del tempo”, invece è un approfondimento su cosa siano e come funzionino davvero le pubbliche amministrazioni. Mi ha fatto ridere tanto (è inevitabile, l’umorismo britannico dell’autore è alle stelle), spesso però con amarezza, perché la situazione di settant’anni fa assomiglia molto a quella odierna.

Mi è piaciuto scoprire come una legge satirica sul malfunzionamento della pubblica amministrazione sia diventata una regola per spiegare perché le scadenze ravvicinate ci rendano più produttivi. Gli esperti di tempo e produttività, infatti, usano la legge di Parkinson per ricordare che più tempo abbiamo a disposizione, più ne sprechiamo, e meno ne abbiamo, più lavoriamo con efficacia.

La legge di Parkinson, spiegata nel primo capitolo, dice: “Il lavoro si espande fino a occupare tutto il tempo a disposizione per completarlo”. L’autore subito dopo aggiunge: “O, come dice il proverbio, l’uomo più occupato è quello che ha tempo da perdere”.

Studia la crescita del numero dei lavoratori basandosi sull’analisi dei fattori stessi che ne influenzano l’accrescimento, e si basa su tre fatti noti: (1) qualunque lavoro richiede tempi molto variabili, (2) le attività crescono in importanza e complessità in rapporto con il tempo che deve essere impiegato, (3) non c’è alcuna relazione tra il numero di attività da svolgere e il numero del personale che se ne deve occupare. Dimostra (anche con una formula matematica) che l’incremento del personale di un ufficio non dipende dall’incremento del loro lavoro, e che più il personale di un ufficio è numeroso, più impiega il suo tempo in compiti inutili: per ottenere lo stesso risultato se ne può occupare una persona in poco tempo o molte più persone in molto più tempo.

Che cosa ho imparato da La legge di Parkinson

Da La legge di Parkinson ho imparato che spesso le citazioni con gli anni sono riprese, ampliate e sviluppate da altri esperti per dimostrare dei principi correlati, ma non espressi in origine dall’autore.

Ti consiglio di leggere questo libro per l’umorismo e la visione disincantata di Parkinson, ma anche per conoscere a fondo l’origine di una legge molto famosa nell’ambito dell’organizzazione personale e della produttività.

La mancanza di attività concreta non equivale, di per sé, al trastullarsi così come l’inazione non è sintomo di assenza di lavoro.
– Cyril Northcote Parkinson

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Alessandra Noseda
alessandra@paroladordine.org

Sono una professional organizer specializzata nel tempo per multipotenziali: li aiuto a organizzare gli impegni perché possano cambiare il mondo grazie ai loro progetti innovativi.